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Una conchiglia per non dimenticare

«A quarant’anni dalla morte di Peppino Impastato e a ventisei anni dalla morte di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta abbiamo voluto ricordarli con questa mostra e, insieme a loro, tutti i morti ammazzati dalle mafie, senza distinzione di crimine e senza nominarle. Mafie del nord, del centro e del sud Italia. Perché la criminalità organizzata non fa differenze nominali e di età. La mafia uccide, grandi e piccoli. Noi abbiamo deciso di raccontare le storie dei piccoli, di innocenti strappati troppo presto dalle braccia dei loro genitori».
Carolina ha sedici anni, frequenta la 3 Turismo B all’Istituto Ferrini di Verbania e insieme ai suoi compagni di classe, coordinati dal professore di Lettere, Fabio Colombo, ha preparato e allestito la mostra “Una conchiglia per non dimenticare” esposta da lunedì 21 a venerdì 8 giugno nei corridoi della scuola, in occasione della Giornata della legalità, celebrata in tutta Italia mercoledì 23 maggio.
È lei ad accompagnare il primo gruppo di studenti in visita alla mostra. Una mostra diversa dalle solite, fatta di racconti, di parole e di simboli. Una mostra che ripercorre, passo dopo passo, le vite di diciassette minorenni uccisi dalle mafie. Si va dai soli 50 giorni di vita di Caterina Nencioni, morta nella strage di via dei Georgofili a Firenze, ai diciassette anni di Emanuela Sansone, prima donna vittima della mafia, uccisa nel 1896 a Palermo.
E per ogni vita, una conchiglia. «Abbiamo scelto la conchiglia non a caso – spiega Carolina. – Da un lato rappresenta le vittime strappate a questa vita come il mare porta via le conchiglie dai fondali; dall’altro lato la conchiglia fin dall’antichità è stato un simbolo della rinascita. Con questa mostra abbiamo voluto far rivivere nella memoria di tutti quanti ciò che è stato e che talvolta, purtroppo, ancora avviene».
Il tutto è stato arricchito, per ciascuna vittima, da testi che descrivono brevemente la loro storia, da una frase significativa che invita a riflettere e da un oggetto – una culla, un vestito, un gioco – che cattura l’attenzione del visitatore e che riassume la storia stessa dell’innocente giovane ucciso dalle mafie.
Una mostra frutto del lavoro di circa due mesi «che ha permesso ai miei studenti – racconta il professor Fabio Colombo – di conoscere vicende poco conosciute e di comprendere a fondo l’importanza del valore della legalità».

     

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